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al testo di Ivan Pozzoni
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Fermiamo tutto, vogliamo scendere dal treno che arranca, fermata dopo fermata, arresto dopo arresto, i binari non arrivano mai ad essere tangenti, alloggiati, senza comodità, sul carrozzone di un ente statale, di un’azienda multinazionale, delle sedie di una riunione condominiale, sul carrozzone di coda è meglio, dicono, nel caso di incidente avremo la fortuna incontrovertibile di defungere di morte cerebrale.
Fermiamo tutto, vogliamo scendere dall’ottovolante, che danza, e balla, e gira su se stesso, mettendoci a testa sotto, e a culo in fuori, lontani dal vincolo del riflusso delle liberalizzazioni, libertà di uscire dal mercato del lavoro, rifiutare corone d’alloro, ruttare a un concistoro, contestando IVA, IMU, IRPEF, ILOR, TAV Tavor e Serenase, assunti a urgente necessità a ogni smania di steccar fuori dal coro.
Fermiamo tutto, basta, stop, ce lo chiede l’Unione Europea dagli angoli scuri d’un porno-shop, ce lo chiedono milioni di barboni dalla società americana lieti di accompagnarsi alle migliaia di nuovi soci della Caritas ambrosiana, ce lo chiedono i docenti d’economia, i maestri di finanza, disponibili a tradurre la disperazione della gente in ordinanza. con l’obiettivo, finalmente, di delocalizzare dall’area ungherese i centri di una grande industria, installandoli a Termini Imerese.
[Il Guastatore, 2012]
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